martedì 27 febbraio 2018



Anche nel 2012, proprio a febbraio, qui nella mia città, Senigallia, nevicò molto
 come quest'anno!
Noi gente di mare, non siamo molto preparati quando arriva la neve
e dopo un primo momento di euforia per un evento così eccezionale,
sopraggiunge un po' di sconforto e di impotenza.
Almeno questo succede a me, che sono due giorni che me ne sto tappata in casa
senza andare al lavoro e bighellonando tra le finestre della cucina, del salotto e del terrazzo.
Sono uscita solo per qualche foto al mio rione, al mare che dista 500 metri da casa,
ma me ne sono tornata in fretta a casa infreddolita  e con i piedi bagnati, dato che nella mia scarpiera non ci sono  un paio di doposci, mentre le ciabatte e gli infradito abbondano:-)

Proprio 6 anni fa scrissi questa poesia,
c'era la neve un po' in tutto il Paese e c'era il governo Monti
dopo la cacciata di quei delinquenti che avevano ridotto l'Italia sull'orlo della bancarotta.
E oggi ce li ritroviamo, quei delinquenti, che vogliono rigovernare il Paese, 
con l'aggiunta di altri incompetenti e ignoranti che, anche loro, aspirano
a riportare il Paese come 6 anni fa!
Quindi...questa poesia, dopo 6 anni, è più che mai attuale...la Memoria...questa sconosciuta!




Febbraio (malinconico) 2012


E' un Paese congelato
e non solo per le nevicate
e il freddo polare
E' un paese cristallizzato
che è fermo, immobile
ad un semaforo sempre rosso
Il fiato trattenuto, per non sprecarlo
l'orecchio che oramai non sente più di tanto
giusto il necessario
per non scivolare nell' isolamento assoluto
Non si critica,
chi cerca di riparare un debito impossibile
come non si criticava
chi fino a ieri mentiva
sapendo di mentire
E' un paese in bilico
tra il cielo e il mare
tra il cemento e lo smog
tra le stelle e le stalle
tra lacrime amare e ciniche risate
Mentre il futuro
è solo una foto sbiadita
come se fosse già passato
e il passato è come
se non ci fosse mai stato.


E ora qualche foto attuale...








venerdì 2 febbraio 2018

CANTO NOTTURNO Dl UN PASTORE ERRANTE DELL' ASIA
Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai,
Silenziosa luna?
Sorgi la sera, e vai,
Contemplando i deserti; indi ti posi.
Ancor non sei tu paga
Di riandare i sempiterni calli?
Ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga
Di mirar queste valli?
Somiglia alla tua vita
La vita del pastore.
Sorge in sul primo albore
Move la gr
Vecchierel bianco, infermo,
Mezzo vestito e scalzo,
Con gravissimo fascio in su le spalle,
Per montagna e per valle,
Per sassi acuti, ed alta rena, e fratte,
Al vento, alla tempesta, e quando avvampa
L'ora, e quando poi gela,
Corre via, corre, anela,
Varca torrenti e stagni,
Cade, risorge, e più e più s'affretta,
Senza posa o ristoro,
Lacero, sanguinoso; infin ch'arriva
Colà dove la via
E dove il tanto affaticar fu volto:
Abisso orrido, immenso,
Ov'ei precipitando, il tutto obblia.
Vergine luna, tale
E' la vita mortale.

Nasce l'uomo a fatica,
Ed è rischio di morte il nascimento.
Prova pena e tormento
Per prima cosa; e in sul principio stesso
La madre e il genitore
Il prende a consolar dell'esser nato.
Poi che crescendo viene,
L'uno e l'altro il sostiene, e via pur sempre
Con atti e con parole
Studiasi fargli core,
E consolarlo dell'umano stato:
Altro ufficio più grato
Non si fa da parenti alla lor prole.
Ma perchè dare al sole,
Perchè reggere in vita
Chi poi di quella consolar convenga?
Se la vita è sventura,
Perchè da noi si dura?
Intatta luna, tale
E' lo stato mortale.
Ma tu mortal non sei,
E forse del mio dir poco ti cale.

Pur tu, solinga, eterna peregrina,
Che sì pensosa sei, tu forse intendi,
Questo viver terreno,
Il patir nostro, il sospirar, che sia;
Che sia questo morir, questo supremo
Scolorar del sembiante,
E perir dalla terra, e venir meno
Ad ogni usata, amante compagnia.
E tu certo comprendi
Il perchè delle cose, e vedi il frutto
Del mattin, della sera,
Del tacito, infinito andar del tempo.
Tu sai, tu certo, a qual suo dolce amore
Rida la primavera,
A chi giovi l'ardore, e che procacci
Il verno co' suoi ghiacci.
Mille cose sai tu, mille discopri,
Che son celate al semplice pastore.
Spesso quand'io ti miro
Star così muta in sul deserto piano,
Che, in suo giro lontano, al ciel confina;
Ovver con la mia greggia
Seguirmi viaggiando a mano a mano;
E quando miro in cielo arder le stelle;
Dico fra me pensando:
A che tante facelle?
Che fa l'aria infinita, e quel profondo
Infinito Seren? che vuol dir questa
Solitudine immensa? ed io che sono?
Così meco ragiono: e della stanza
Smisurata e superba,
E dell'innumerabile famiglia;
Poi di tanto adoprar, di tanti moti
D'ogni celeste, ogni terrena cosa,
Girando senza posa,
Per tornar sempre là donde son mosse;
Uso alcuno, alcun frutto
Indovinar non so. Ma tu per certo,
Giovinetta immortal, conosci il tutto.
Questo io conosco e sento,
Che degli eterni giri,
Che dell'esser mio frale,
Qualche bene o contento
Avrà fors'altri; a me la vita è male.

O greggia mia che posi, oh te beata,
Che la miseria tua, credo, non sai!
Quanta invidia ti porto!
Non sol perchè d'affanno
Quasi libera vai;
Ch'ogni stento, ogni danno,
Ogni estremo timor subito scordi;
Ma più perchè giammai tedio non provi.
Quando tu siedi all'ombra, sovra l'erbe,
Tu se' queta e contenta;
E gran parte dell'anno
Senza noia consumi in quello stato.
Ed io pur seggo sovra l'erbe, all'ombra,
E un fastidio m'ingombra
La mente, ed uno spron quasi mi punge
Sì che, sedendo, più che mai son lunge
Da trovar pace o loco.
E pur nulla non bramo,
E non ho fino a qui cagion di pianto.
Quel che tu goda o quanto,
Non so già dir; ma fortunata sei.
Ed io godo ancor poco,
O greggia mia, nè di ciò sol mi lagno.
Se tu parlar sapessi, io chiederei:
Dimmi: perchè giacendo
A bell'agio, ozioso,
S'appaga ogni animale;
Me, s'io giaccio in riposo, il tedio assale?

Forse s'avess'io l'ale
Da volar su le nubi,
E noverar le stelle ad una ad una,
O come il tuono errar di giogo in giogo,
Più felice sarei, dolce mia greggia,
Più felice sarei, candida luna.
O forse erra dal vero,
Mirando all'altrui sorte, il mio pensiero:
Forse in qual forma, in quale
Stato che sia, dentro covile o cuna,
E' funesto a chi nasce il dì natale.

Giacomo Leopardi


(Questa bellissima poesia me l'ha fatta tornare in mente la nostra carissima compagna Estrellita
e proprio l'altra sera in cielo c'era una bellissima luna...che ho fotografato.) 


(Castagnole ripiene, 04/02/2018)