Era il 1943, c'era la guerra e mia madre Chiara aveva 17 anni.
Viveva in campagna in una casa colonica con i genitori e le sue sorelle.
Lei era la secondogenita nata nel 1926, prima di lei c'era mia zia Piera nata nel 1924,
poi zia Ida nata nel 31 e zia Olga nata nel 1933.
I miei nonni erano mezzadri, coltivavano la terra e accudivano il bestiame per il padrone del podere
e della casa in cui abitavano. Tutto ciò che raccoglievano con immensa fatica dalla terra andava per metà al padrone e quando
il raccolto era scarso (e capitava spesso) per loro rimaneva davvero poco, neanche quasi da sfamarsi.
Poi c'erano anche i soldati tedeschi che capitavano ogni tanto nelle campagne a far razzia di farina, uova, polli,verdure, patate e
allora voleva dire fare la fame.
Mia madre essendo la seconda figlia era stata destinata al lavoro nei campi, sua sorella più grande aveva avuto il privilegio
di andare ad imparare da una sarta a "cucire di bianco" cioè ad imparare a ricamare, tessere la stoffa sul telaio, cucire.
Le altre due sorelle erano troppo piccole per sopportare la fatica di guidare i buoi che trascinavano l'aratro, o di falciare
l'erba, o di aiutare durante la mietitura.
Ricordo che mia madre mi raccontava che capitava spesso che doveva alzarsi alle 3 di notte per aiutare suo padre nella semina,
o per dar da mangiare ai buoi, o per mungere le mucche. Lavorava come un uomo, forse anche di più. Con orgoglio mi diceva
che il padrone del podere, che spesso litigava con mio nonno, era soddisfatto ugulmente perchè c'era lei che sapeva mandare
avanti il lavoro nella casa colonica.
Malgrado il troppo lavoro e le immense fatiche però, mia madre era anche una ragazza carina e simpatica.Il sabato sera andava spesso a ballare in un granaio di una casa vicina
dove si riunivano i contadini della zona per passare qualche
ora di svago, c'era un'orchestrina improvvisata, che suonava la fisarmonica e l'armonica a bocca.
C'era la guerra e di giovani uomini non ce ne erano tanti, erano quasi tutti al fronte.
Però c'era Davide, un giovane ragazzo di 18 anni, che aveva perso
la mamma da poco e che aveva 3 fratellini piccoli. Suo padre era cagionevole di salute e così doveva pensare quasi a tutto lui per mandare avanti
la famiglia, era stato esonerato dalla leva per questo.
Subito mia madre e Davide avevano fatto amicizia e malgrado a quei tempi non c'era modo di frequentarsi spesso, capitava che si vedevano qualche volta in chiesa,
o durante i mercati nel paese vicino.
Si scambiavano qualche parola e tanti sorrisi.
"Aveva dei bellissimi occhi, occhi bianchi", che nel nostro dialetto"bianchi" sta per "azzurri", mi disse mia madre la prima volta
che mi raccontò di Davide.
(continua...)